Bastano davvero 24 ore?
Lo scrittore canadese Robin S. Sharma, esperto di sviluppo personale, scrive: Il tempo è democratico: che tu sia ricco o povero, che viva nel Texas oppure a Tokio, hai sempre a disposizione 24 ore al giorno. La differenza tra una persona soddisfatta della propria vita e una che si lascia vivere, è l’uso diverso che essi fanno di quelle 24 ore.
Proprio perchè il tempo è democratico siamo convinti che ce ne sia sempre. Invece no, il tempo è limitato, se sprechiamo un minuto, quel minuto non tornerà mai più! E per questo è una risorsa scarsa.
Ma quindi come possiamo gestire il tempo? In realtà noi non gestiamo il tempo ma le attività che svolgiamo in un determinato lasso di tempo. Non si tratta quindi di fare di più, ma di farlo meglio e in minor tempo.
Organizzando, pianificando, decidendo di volta in volta cosa è priorità e cosa si può lasciar andare, per esempio dicendo di no, cosa che a volte non solo è doveroso ma di vitale importanza!
La nostra giornata (ma più in generale la nostra settimana) è formata da quattro diverse tipologie di tempo:
- il tempo per il lavoro
- il tempo per noi stessi (per la nostra crescita personale, i nostri hobby, ecc)
- il tempo per le relazioni (per la famiglia, gli amici, ecc)
- il tempo fisiologico (per mangiare, bere, dormire…)
Quando costruiamo la nostra settimana dobbiamo cercare di far bilanciare tutto al meglio dando ad ogni “tempo” il giusto spazio. A volte non è possibile perché reiteriamo in comportamenti poco sani che potremmo definire “sindromi” (anche se non è esattamente il temine giusto…)
Chissà se ti riconosci in qualcuna di esse!
La Sindrome di Berhelot
Deriva il suo nome da Marcellin Berthelot, chimico francese che alla fine dell’800 studiava le proprietà dei gas naturali. Così come i gas tendono a riempire tutto lo spazio disponibile, allo stesso modo molte persone tendono a riempire tutto il loro tempo senza riuscire a mettersi degli stop.
E’ il caso di chi risponde ai clienti alle 10 di sera o di chi non riesce a concedersi una domenica di riposo restando tutto il tempo incollato al pc. A lungo andare queste persone tendono ad avere picchi di stress altissimi, fino a crisi da burnout.
L’unica soluzione è imparare ad avere rispetto di se stessi e iniziare a considerare il risposo come a qualcosa di indispensabile e non come ad uno spreco di tempo.
Ricorda: se vuoi essere davvero produttivo, dopo uno sforzo (anche mentale) deve seguire per forza il riposo.
La Sindrome dell’Eroe
Ci sono persone che sono convinte di poter fare tutto, aiutare tutti e arrivare dappertutto. Si sentono uniche e invincibili facendosi carico di incombenze non loro pur di fare la parte del “salvatore dell’ufficio”. Non danno peso alle proprie esigenze, ignorano i propri bisogni e alla fine si sentono in ansia e oberate.
Se ti riconosci in questa descrizione la prossima volta che un tuo collega verrà a chiederti aiuto (con l’intenzione di “mollarti” il suo lavoro in tutto o in parte) rispondi: vai avanti e prova da solo, domani ci confronteremo e analizzeremo il tuo lavoro così imparerai ad essere autonomo!
Ps. Funziona anche con i figli!
La Sindrome del Colibri
Il colibrì è quel simpatico uccellino che passa vorticosamente da un fiore all’altro. Allo stesso modo una persona può passare velocemente da una attività all’altra.
Il problema è che chi mette in atto questa strategia si illude di essere multitasking, ma in realtà non ha sufficiente autodisciplina per portare a termine le sue attività.Alla fine della giornata il colibrì sarà stremato, avrà corso (sia fisicamente che mentalmente) come un matto, ma avrà concluso ben poco…
Il consiglio che ti do è di mettere subito fine a questo modus e di concentrarti su una attività alla volta, portala a termine e poi passa alla successiva.
La Sindrome del Keep my Baby
Questo comportamento deriva il suo nome da quelle madri che non affiderebbero il proprio bambino a nessun’altro per niente al mondo (nemmeno a persone fidate come una nonna o una zia, nei casi peggiori nemmeno al padre!)
Sostanzialmente è il problema di tutte quelle persone che non sanno/non vogliono delegare.Il bambino/progetto non è più “aziendale” ma esclusivamente loro, non accettano pareri, consigli, né tantomeno collaboratori perché gli altri non vengono considerati “all’altezza” della situazione.
E se per caso vengono in qualche modo costretti a collaborare sono capaci di stare svegli tutta la notte a disfare e rifare a modo loro il lavoro. Ovviamente questo comporta dei livelli di stress altissimi, quindi l’unica soluzione è: accettare di delegare parte del lavoro, insegnando agli altri e condividendo oneri e onori.
La Sindrome del Mr. Nice Guy
Il “nice guy” o “bravo ragazzo” (ma ovviamente vale anche per la “brava ragazza”) è quella persona che tende ad essere sempre buono/a e disponibile con tutti.Dice sempre di si, ma non per convinzione, quanto più per accontentare e piacere a tutti.
Questo comportamento non è per niente sano perché mette in costante secondo piano le esigenze del “nice guy/girl” costringendolo a giornate lunghissime sempre di corsa per correre dall’ufficio, all’associazione di volontariato, alla mamma a cui portare la spesa, senza riposare mai.
Cosa può fare il “nice guy/girl”? Semplicemente riconoscere i propri limiti, imparare a dire dei chiari “no” o trovare delle soluzioni alternative: per esempio la spesa alla mamma la può far portare da un servizio di delivery e la torta per la festa in parrocchia la può comprare già fatta!
Tel. e Whats App 347.9951014