Nel corso dell’ultimo mese molti istituti di ricerca e società di consulenza hanno pubblicato previsioni, spesso molto negative, per l’economia e per il mercato immobiliare in Italia in seguito alla pandemia legata al COVID-19.
Posto che qualsiasi previsione sui prossimi mesi e anni debba essere aggiornata sulla base delle riaperture e dell’effettiva situazione finanziaria delle imprese e reddituale delle famiglie, di seguito si propongono una serie di scenari possibili per il mercato regionale partendo dall’analisi dei fondamentali dell’economia più recenti.
Un primo punto da cui partire è quanto riportato da Unioncamere Emilia Romagna (Rapporto 2019 sull’Economia Regionale) ad inizio anno sul ciclo economico della Regione.
Cinque anni fa ci trovavamo nella cosiddetta fase di maturità come economia in quanto il PIL della Regione si era assestato disegnando una curva a forma di “S”, nel 2014 la curva del PIL si era assestata ed in seguito si è entrati in una nuova fase positiva con ottime prospettive per gli anni successivi.
L’Emilia Romagna avrebbe continuato ad essere la prima Regione per crescita del PIL come è possibile osservare nella mappa riportata dove è evidenziata l’area cosiddetta “LOVER” (Lombardia, Veneto e Emilia Romagna) con la maggior parte delle province con aumenti superiori al 3,5%.
Economia Regionale pre e post COVID-19:
I dati di partenza dell’anno 2020, ed è importante ricordarlo, risultavano positivi ed è su questi dati che occorre misurare l’eventuale decrescita derivante dal blocco delle attività degli ultimi mesi.
In particolare, secondo quanto previsto da Prometeia ad aprile, la crescita stimata del prodotto interno lordo regionale per il 2020 sarà pari al -7,0%, leggermente superiore a quella riscontrata del 2009 e la recessione nazionale risulterà solo lievemente più contenuta di quella regionale.
Anche nel quadro benigno delineato da Prometeia (Secondo Goldman Sachs il PIL calerà dell’11,6% nel corso del 2021 a livello nazionale mentre secondo Confindustria la flessione sarà pari al 6,0%) nel 2020 gli effetti del Coronavirus determineranno una netta inversione di tendenza sul mercato del lavoro con una riduzione degli occupati difficile da prevedere.
Anche sul tema del lavoro occorre ricordare la situazione precendente al COVID-19 per delineare gli scenari coerenti della Regione, che saranno differenti rispetto all’Italia in generale o di altre Regioni.
Nel 2019 l’occupazione in Emilia Romagna aveva registrato un incremento dell’1,4 % rispetto alla media del 2018 raggiungendo circa 2 milioni 33 mila unità.
Tale crescita era il risultato di andamenti differenti nel 2019, ad esempio per l’agricoltura la crescita dell’occupazione era stata pari al 3,7%, +3,9% per l’industria, -0,8% per le costruzioni, +2,8% per i servizi escluso il commercio, alberghiero e ristorazione per i quali l’occupazione si era ridotta del -5,0%.
È sulla base di questi dati che è possibile comprendere l’impatto dell’emergenza a partire dalle domande per la cassa integrazione in deroga presentata in Emilia-Romagna.
All’inizio di aprile le richieste pervenute all’INPS da parte di imprese erano pari a 17.774 riguardanti 54.726 lavoratori, per un ammontare di circa 81,3 milioni di euro.
I dati delle richieste, inviati all’Agenzia per il Lavoro della Regione, mettono a fuoco la difficile situazione creatasi con il conseguente impatto sulle attività produttive, a causa dell’emergenza Coronavirus.
Richieste e lavoratori coinvolti nella Cassa integrazione in deroga per provincia in Emilia Romagna:
Un ulteriore dato importante per l’analisi è quello relativo alle domande per l’indennità di 600,00€ prevista dal Decreto “Cura Italia”.
I dati non sono disponibili a livello regionale, ma la ripartizione tra categorie di beneficiari è comunque rappresentativa delle persone maggiormente coinvolte dal lockdown.
In particolare, commercianti e artigiani sono stati i maggiori richiedenti dell’indennità (60%), seguiti da liberi professionisti e CoCoCo (17%), lavoratori agricoli (13%), lavoratori nel settore del turismo (9%) e dello spettacolo (1%).
Un ultimo accenno riguarda anche il settore delle costruzioni regionale che dopo gli anni di crisi aveva mostrato una serie di conferme positive, la crescita dello 0,8% dell’ultimo trimestre del 2019 e il +0,3% relativo a tutto il 2019 sono dati positivi, anche se contenuti, rispetto ad un 2018 più dinamico.
Tali dati risultano maggiormente positivi per le grandi imprese mentre le piccole e medie imprese crescono in misura inferiore.
IN SINTESI:
- L’economia regionale era uscita dalla fase di appiattimento del biennio 2014/2015.
- I fondamentali dell’economia erano positivi e in crescita, le province emiliano romagnole registravano le variazioni del PIL più elevate in Italia.
- L’occupazione era in crescita nonostante la precarietà diffusa a livello nazionale.
- Ad oggi la cassa integrazione in deroga non sembra colpire percentuali rilevanti della popolazione, segnale di una resistenza di base delle imprese regionali. Nei prossimi mesi occorrerà comprendere come procederà la ripresa delle attività.
- Il commercio e il turismo, che risultavano già in sofferenza prima dell’emergenza, subiranno le maggiori perdite sia di fatturati (e forse di imprese) che di occupati.
Quali scenari per il mercato immobiliare?
Lo scenario precedente al COVID-19 risultava positivo per molti settori economici a livello regionale con ottime prospettive per le famiglie e i loro redditi.
Tra il 2013 e il 2018, il mercato immobiliare regionale aveva recuperato la propria dinamica con una crescita del numero di compravendite annuali da 31.634 a 51.923 (+64,1% in cinque anni) e i preconsuntivi del 2019 e dei primi mesi del 2020 restituivano segnali di ulteriore crescita.
L’emergenza, pertanto, ha arrestato un processo positivo sotto molti punti di vista. Ma cosa avverrà alla ripresa delle attività e che mercato immobiliare ci aspetta?
Per quanto riguarda le compravendite occorre ragionare su tre fattori che si stanno combinando tra di loro:
- Fattore dilazionamento: i rogiti previsti sono stati rimandati per impossibilità delle persone o del notaio, la ripresa delle attività avrà un impatto diretto rispetto alle trattative già avviate prima dell’emergenza.
- Fattore aspettative: l’acquisto o la vendita verrà rimandato per paura di fluttuazioni di prezzo vantaggiose/svantaggiose. Alcune famiglie potrebbero interrompere le trattative per recuperare una liquidità necessaria a far fronte a spese più importanti.
- Fattore reddituale: una quota dei nuclei interessati all’acquisto subirà un calo della capacità reddituale e quindi non potrà accedere al credito né immaginare di acquistare un’abitazione nei prossimi anni.
I primi due fattori avranno un impatto nel breve periodo e almeno fino al termine del 2020 ne vedremo gli effetti.
La riduzione del 42% circa del traffico sui portali immobiliari a marzo, e parte anche di aprile, si
manifesterà sul mercato tra circa 6 mesi, tempo medio di avvio e gestione di una nelle città medio grandi.
In aggiunta circa 1 compravendita su 3 è stata rimandata tra marzo e aprile per impossibilità da parte del notaio o delle famiglie ad uscire di casa.
A partire da maggio si dovrebbe lentamente tornare alla normalità anche se resta l’incognita di ulteriori ritardi per l’accesso agli atti presso gli uffici comunali, oppure per pratiche di mutuo rallentate; come ricordato, tali ritardi mostreranno i loro effetti nei prossimi 6 mesi e, pertanto, nel corso del secondo trimestre del 2020 si osserverà una ripresa del numero di compravendite dopo il crollo dei primi mesi dell’anno. Tale crescita si esaurirà entro l’estate.
A seguire si osserveranno gli effetti di medio-lungo periodo relativi alla riduzione dei contatti osservata sui portali tra marzo e aprile.
Nel corso dell’ultimo semestre del 2020 ci si attende una flessione vicina al 30% del numero di compravendite che, grazie alla prima parte dell’anno e alle dinamiche positive derivanti dal 2019, si ridurrà, secondo le nostre previsioni, tra il 10% e il 15% a livello regionale.
L’incognita maggiore resta quella legata alla situazione economica del Paese e, di conseguenza, dei redditi familiari.
A partire dal secondo semestre del 2020 e nel 2021 arriveranno a maturazione tutti gli effetti derivanti dalla perdita di lavoro, dalle richieste di cassa integrazione e dalle riduzioni dei fatturati.
In Emilia tali effetti, dati i fondamentali osservati in apertura, avranno un minore impatto e, con ogni probabilità, si osserverà un recupero prima delle altre regioni italiane.
Per quanto riguarda i valori del mercato, sul fronte della locazione occorrerà monitorare con attenzione l’evoluzione degli sfratti e le difficoltà nel pagamento dei canoni che, se arginate e contenute, non si trasferiranno sul mercato immobiliare e quindi sui valori di compravendita.
I canoni tenderanno comunque a diminuire dato che una quota rilevante di immobili attualmente utilizzati per la locazione a breve termine sulle piattaforme turistiche verrà spostata verso la locazione ordinaria pur di non perdere un’entrata economica.
I prezzi di compravendita si erano ormai allineati tra domanda e offerta dopo la lunga crisi partita nel 2008 e, in generale, sono più rigidi a modifiche a meno di forti cambiamenti nella struttura del tessuto economico di una città. Ancora una volta, gli ottimi presupposti osservati in Emilia Romagna non fanno pensare ad un tracollo ma ad una fase di stand by dalla quale usciremo all’inizio del 2021.
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